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martedì 7 ottobre 2014

UNA SOLUZIONE REALE @NicolaMorra63

Gli italiani hanno chiesto e chiedono più lavoro, più occupazione; #Renzi ha risposto con più licenziamenti e, non contento, con più facilità a licenziare.

Questo grazie all'abolizione dell'articolo 18 e all'intera riforma del lavoro che egli impone attraverso, voilà, l'ennesimo ricorso alla fiducia.

Con il gioco delle tre carte vuole far passare come un bonus, come soldi in più, ciò che è un anticipo di ciò che già spetta ai lavoratori: il TFR (la liquidazione). Stamattina poi ai sindacati ha riproposto per l'ennesima volta il suo bonus inutile, gli 80 euro in busta paga, dicendo che dal 2015 saranno strutturali (dimenticandosi che questo impegno lo aveva già preso, assicurando altresì che gli 80 euro sarebbero stati corrisposti anche a pensionati e partite IVA.....Pinocchio era più sincero!).

Mettiamo da parte il fatto che quelli del TFR non sono "altri 100 euro", ma sono soldi già del lavoratore e che gli 80 euro, come dimostrano i dati, sono serviti solo in campagna elettorale, poichè non hanno sortito effetto alcuno sui consumi interni. 

Pur fingendo che sia come asserisce lui, è lo stesso Renzi a rivelare il paradosso dei suoi provvedimenti, dicendo: "Significa che, PER UNO CHE GUADAGNA 1.300 EURO, un altro centinaio di euro al mese che uniti agli 80 euro inizia a fare una bella dote”.

Lasciando stare l'anacoluto, non è chi già guadagna 1300 euro al mese ad aver più bisogno d'aiuto, ma chi non lavora! 
Non è togliendo sicurezza o facendo il gioco delle tre carte che aiuti le famiglie, ma con un reddito minimo garantito che restituisca dignità soprattutto ai più deboli che si stanno avvicinando pericolosamente alla disperazione.

Il "Reddito di Cittadinanza" proposto dal M5S è un sostegno importante a chi non lavora non per sua scelta, ma perché si sta formando attraverso attività di studio o, avendo cercato e cercando occupazione, non trova alcunché.

La proposta del "Reddito di Cittadinanza" è la soluzione reale perché non incentiva i parassiti (al contrario: se rifiuti le tre proposte di lavoro che lo stato si impegna a garantirti, perdi il diritto a questo reddito) e non fa assaporare il dramma della disperazione a chi è lasciato solo:

80 O 100 EURO A CHI GIA' LAVORA NON CAMBIANO LA VITA, 
MA 600 EURO A CHI NON HA LAVORO SI'! +Nicola Morra 

domenica 10 agosto 2014

Faticoso, ma siamo stati più forti Nessun inciucio con Forza Italia


«Faticoso, ma siamo stati più forti Nessun inciucio con Forza Italia»
Boschi: aperti al confronto, l’impianto però non si tocca. Gli 80 euro funzionano....


   
    
   

Dall'intervista oggi pubblicata dal "Corriere della Sera" al Ministro Boschi:
"Vuol dire che ha vinto lei? Ha vinto il governo Renzi?
«Non è una vittoria mia o di quei ragazzacci del governo. Questa importante riforma è frutto di un lavoro che ha coinvolto tutti, senatori, relatori, esperti e ricercatori. I tecnici del mio ministero sono stati straordinariamente bravi e se la politica ha dimostrato di saper riformare se stessa è un successo dei senatori, prima di tutto. Si sono mostrati più interessati al futuro delle istituzioni che alla loro ambizione personale»".
Propongo alcune riflessioni sulle parole del Ministro:
1) respingere subito, con fermezza ma anche con garbo, la parola "vittoria" per come proposto dall'intervistatrice, manifesta l'intenzione di presentarsi come non divisivi: se c'è una vittoria, la stessa per altri è una sconfitta, e questo segna un solco, una divisione. Perciò, se si deve dar l'idea di esser generosi, magnanimi, insomma non meschini, non livorosi nei confronti di chi è stato sconfitto, si deve subito puntualizzare che non c'è alcun morto sul campo, alcun mutilato invalido a vita costretto ad elemosinare per la restante parte della sua esistenza: son gli altri, quelli che non hanno capito, che usano la dialettica dicotomica ed antitetica vittoria/sconfitta, noi/loro, mentre le forze sane del cambiamento non hanno la necessità di enfatizzare lo scontro, bensì debbono solo chiarire la natura mistificatoria dello stesso: loro sono le forze del "cambiamento" che la storia impone, e che solo dei reazionari inconsapevoli osteggiano.
Oltretutto, presentare con apparente autoironia i membri del Governo come "ragazzacci" paga in termini di simpatia giovanilistica, e perciò renziana: chi si definisce, con autoironia, un ragazzaccio, non sarà capace certamente di dissimulare intenzioni non sane, e perciò si mostrerà con caratteri rassicuranti, sorridenti, irenici mi verrebbe da dire....Silvio insegna, ma l'allievo supera il maestro!
Solo che, come insegnano gli studiosi della comunicazione, cominciare con una negazione del concetto esplicitato dall'intervistatore, produce l'effetto contrario nell'inconscio del lettore o dell'ascoltatore, per cui, inopinatamente per le intenzioni del Ministro, la negazione iniziale vale affermazione netta: è una vittoria;
2) sostenere che "la riforma è il frutto di un lavoro che ha coinvolto tutti", senatori, relatori (due persone, la Finocchiaro e Calderoli: ci mancava pure che non fossero coinvolti i relatori!), esperti e ricercatori, significa confondere le carte, forse volutamente: nel paese non si è sviluppato affatto un dibattito attento e partecipato sull'impianto della riforma, o sull'articolato del ddl Boschi, tant'è che diversi sondaggi condotti in queste ultime settimane hanno evidenziato la disconoscenza dei contenuti della riforma stessa da parte della maggior parte dei soggetti intervistati.
Aggiungere poi che i "tecnici" del ministero sono stati "straordinariamente bravi", concorre all'idea che comunque un giusto risalto alla tecnocrazia lo si debba fornire, perchè questo è il mondo dei tecnocrati cui si deve affidare il compimento delle "magnifiche sorti e progressive", come se i politici fossero belle statuine, e perciò una sviolinata verso gli estimatori del pensiero unico che ci portato al Governo dei tecnici della Bocconi non poteva mancare;
3) infine -ed è il top della retorica perversa e ben costruita dal Ministro- si asserisce che i senatori, avendo votato -e non si risponde mai ai quesiti posti dall'intervistatrice in merito al mancato raggiungimento della maggioranza dei due terzi, allo scarto di voti fra maggioranza ufficiale e maggioranza reale, all'ipocrisia della differenza di numeri fra voto palese e voto segreto- a favore di questa riforma, abbiano mostrato la qualità sublime dei veri uomini politici: il disinteresse per il proprio tornaconto individuale ed il sacrificio a favore delle istituzioni.
Ora, premesso che sulla retorica del valore sacro delle istituzioni ci sarebbe tanto da ragionare -è la mistica hegeliana dello Stato che proprio non sopporto-, emergerebbe, adesso si, la dicotomia-antitesi fra chi ha votato a favore (loro sì veri politici, generosi, puri) e chi ha votato contro (gretti, gufi, incappucciati, impegnati in una battaglia di bassa lega: il posto in senato). Per cui l'assunto iniziale -non è una vittoria, perchè abbiamo vinto tutti- si rovescia completamente, con bella pace degli sconfitti, che son diventati dei semplici attaccati alla poltrona. Poveri!
Ditemi se non è vero!

venerdì 8 agosto 2014

BACI, ABBRACCI, RECESSIONE E MAFIA!

                                                           Alessandro Di Battista

                                     

BACI, ABBRACCI, RECESSIONE E MAFIA!
Mi rendo conto di essere noioso ma è un dovere ricordare e conoscere. Bisogna conoscere per poter capire e ricordare il passato per cambiare il futuro. Oggi sono passate le riforme costituzionali made in Renzi and Berlusconi al Senato. Sulla bontà della riforma basta dare uno sguardo alla rete. Ci sono commenti di elettori piddini al riguardo? No, onestamente nessuno. Votano Renzi ma hanno la decenza di tacere oggi. Riguardo al soggetto scelto da Renzi per riformare l’architettura costituzionale non posso evitare di stare zitto. La mia coscienza mi impone di scrivere e dare informazioni che, o non si hanno o si sono colpevolmente dimenticate:

1) B. è stato condannato a 4 anni di reclusione nell’ambito del Processo Mediaset per frode fiscale, falso in bilancio e appropriazione indebita
2) B. è stato cacciato dal Senato grazie alla battaglia del M5S
3) Nell’ambito dei processi All Iberian 2 e SME B. si è salvato dalla sentenza in quanto i fatti contestati non costituivano più reato a seguito delle riforme del Governo Berlusconi II
4) B. è stato prescritto (non assolto) per i reati di corruzione nel processo “Lodo Mondadori”; per falso in bilancio e appropriazione indebita nel processo sui bilanci Fininvest 1988-1992; per falso in bilancio nel processo riguardante l’acquisto del calciatore Gianluigi Lentini; per corruzione nel processo Mills; per rivelazione di segreto d’ufficio nel processo Unipol; per finanziamento illecito ai partiti nel processo All Iberian 1
5) B. ha beneficiato dell’amnistia per il procedimento sull’acquisto dei terreni di Macherio
6) B. attualmente è sotto processo per diffamazione aggravata ai danni di Antonio Di Pietro e per corruzione nell’ambito del processo sulla compra vendita dei senatori
7) Marcello Dell’Utri, cofondatore di Forza Italia, fece da tramite tra la mafia e B. ed è stato condannato a 7 anni di reclusione per concorso esterno in associazione mafiosa
8) B. ha frequentato per anni Marcello Dell’Utri i cui reati sono stati definiti dalla Corte di Cassazione “espressione della sua particolare pericolosità sociale”
9) B. è sceso a patti con l’organizzazione criminale denominata “Cosa Nostra” sia per ottenere protezione che per ottenere facilitazioni imprenditoriali in Sicilia
10) B. ha incontrato ripetutamente soggetti predominanti dell’associazione mafiosa definita “Cosa Nostra” tra i quali Stefano Bontade, il quale assieme a Gaetano Badalamenti e Luciano Liggio governò la “Commissione”, l’organo di comando di “Cosa Nostra” e fu l’organizzatore della “Strage di viale Lazio” durante la quale Bernardo Provenzano detto “Binnu u' Tratturi (Bernardo il trattore, per la violenza con cui uccideva i nemici) assassinò il boss Michele Cavataio
11) B., come scrivono i giudici nella sentenza Dell’Utri, “abbandonando qualsiasi proposito (da cui non è parso mai sfiorato) di farsi proteggere da rimedi istituzionali, è rientrato sotto l'ombrello di protezione mafiosa assumendo Vittorio Mangano ad Arcore e non sottraendosi mai all'obbligo di versare ingenti somme di denaro alla mafia, quale corrispettivo della protezione''.
12) B., come scritto nella sentenza del processo Mediaset, è un soggetto dotato di una “naturale capacità a delinquere”
Berlusconi ha modificato oggi la Costituzione assieme a Renzi. La Finocchiaro abbraccia Schifani (finalmente le coppie di fatto si palesano dopo anni di “fuitine”) e l’Italia è in recessione. Fate vacanze serene italiani che potete permettervelo, io vi perdono perché, forse, non sapevate quel che stavate facendo. Oggi lo sapete e noi continueremo a lottare anche per voi che siete in parte responsabili di questo scempio!


P.S. Questa sera alle 23.30 io e Manlio Di Stefano saremo in TV su Telemabiente per parlare di politica estera e politica interna. Ore 23.30 canale 78 Lazio, Umbria e Abruzzo e canale 218 Lombardia. In streaming su teleambiente.it

Le riforme: ma quali ?


PETROCELLI (M5S). Domando di parlare per dichiarazione di voto.
PRESIDENTE. Ne ha facoltà.

PETROCELLI (M5S). Signor Presidente, la ringrazio di avermi dato la parola.

Senatori e senatrici, sinceramente mi aspettavo che oggi il Presidente del Consiglio, Matteo Renzi, arrivasse nell'Aula del Senato, magari giusto in tempo per appuntarsi sul petto la medaglietta di salvatore della Patria.
In questo momento il Movimento 5 Stelle non intende parlare né al Governo né a un Presidente del Consiglio che per settimane è andato in TV a farsi bello, presentandosi come l'uomo del dialogo, e poi, in quest'Aula, si è sempre rifiutato di venire e confrontarsi con noi. Alla faccia del confronto!
Noi vogliamo parlare agli italiani, gli unici veri interlocutori a cui dobbiamo rendere conto del lavoro che facciamo in quest'Aula, gli unici a cui sentiamo di dover spiegare quello che sta accadendo in questi giorni neri per la democrazia e per il Paese. Questa triste storia comincia con la bufala di un'emergenza che non c'é.
Renzi ci ha detto che servono le riforme per far ripartire il Paese e che, fra tutte, la più urgente, urgentissima, era la riforma della Costituzione! Ma, cari italiani, davvero non potevamo sopravvivere senza questa riforma? Davvero la sera, quando tornate a casa e vi girate nel letto senza riuscire a prendere sonno, voi pensate alla riforma della Costituzione? Quando arrivano le bollette, ogni mese sempre più alte, e non sapete come pagarle, anche in quel momento voi pensate alla riforma della Costituzione? (Applausi dal Gruppo M5S).Quando non potete fare una TAC velocemente, perché dal privato costa centinaia di euro, e allora, pazienti, vi mettete in liste di attesa lunghe anche qualche anno, è alla Costituzione che date la colpa? Ditecelo, perché se è così, noi non abbiamo capito niente e vi chiediamo scusa.
Ma se anche voi avete qualche perplessità sul fatto che, fra le priorità che servono a questo Paese per rialzarsi e rimettersi in moto, forse c'era qualcosa di più importante che cambiare la Carta costituzionale, allora sappiate che non siete i soli a pensarlo. Visto che ci vogliono far credere che senza riforma non mangiamo, e noi senza pane non ci vogliamo rimanere, allora parliamone.
Renzi ci racconta che con questa riforma si tagliano finalmente i costi della politica. Ma se voleva davvero dare un colpo alla casta e tagliare sul serio sprechi e ingiustizie che oggi non possiamo più tollerare, poteva accogliere almeno i nostri suggerimenti. Gli abbiamo chiesto di cogliere l'occasione per tagliare il numero di tutti i parlamentari, anche dei deputati, ma Renzi ha detto: no. Gli abbiamo chiesto di mettere un tetto massimo ai loro stipendi. Il Movimento 5 Stelle l'indennità se l'è già dimezzata, sia alla Camera che al Senato. Ma non basta, bisogna che lo facciano tutti i parlamentari della Repubblica, ma Renzi ha detto: no. Gli abbiamo chiesto di togliere i vitalizi ai parlamentari condannati, ma Renzi ha detto: no.
Ci ha annunciato che il nuovo Senato sarà meno costoso, ma anche questa è una bufala, perché i nuovi senatori godranno di tutti i benefici della casta: rimborsi spese, viaggi pagati, alberghi a Roma, stipendi dei collaboratori.
In questo nuovo Senato - è giusto che lo sappiate, cittadini - gli italiani non potranno più mettere becco. Sarò più brutale: i cittadini non potranno più eleggere i senatori. Il diritto di voto viene scippato loro per darlo ai segretari di partito: saranno loro a nominare i futuri senatori, scegliendoli tra i sindaci e i consiglieri regionali. Sì, avete capito bene, cittadini: quei consiglieri regionali di cui avete tanto sentito parlare perché si compravano le mutande (i signori) e il reggiseno (le signorine), con i vostri soldi; quelli delle inchieste sulle spese pazze e i rimborsi truccati (Applausi dal Gruppo M5S),quelli che hanno mangiato a mani basse, finché si poteva, dal Trentino alla Basilicata.
Il Movimento 5 Stelle ha chiesto un Parlamento pulito, dove i condannati non possano entrare. Renzi, invece, questi signori se li porta in Senato e dà loro pure l'immunità, lo scudo, nel caso la giustizia volesse ficcare il naso in cose che non la dovrebbero riguardare.
Con le nostre proposte per un nuovo Senato davvero economico, davvero democratico e davvero pulito, pensavamo di poterci confrontare con Renzi e con il Governo, ma così invece non è stato. I nostri 200 emendamenti sono stati tutti bocciati. In Aula la colonna sonora che ha accompagnato le votazioni della riforma è stata sempre la stessa: bocciato, bocciato, bocciato, bocciato. Nessuna delle nostre proposte è stata approvata. 
E allora dov'è il dialogo? Chi l'ha visto il confronto? In quest'Aula abbiamo visto solo un Ministro che twitta e dispensa sorrisi verso i banchi di Forza Italia, una maggioranza che ha il coraggio di votare contro il Governo solo quando c'è il voto segreto e un Presidente del Senato che ha impedito alle opposizioni di esprimersi pienamente, perché bisognava fare in fretta, nemmeno stessimo votando la lista della spesa. Qui, invece, parliamo della Costituzione: quanto di più importante e sacro esiste per le istituzioni.
Invece questa riforma della Costituzione l'avete voluta votare in fretta e furia. E perché? Solo per permettere a Renzi di farsi, magari, un selfie con l'Aula del Senato alle spalle e dire su Twitter quant'è figo? Quando ormai tutto era deciso, quando il nostro ruolo di opposizione era definitivamente svilito, abbiamo deciso di uscire dall'Aula, e l'abbiamo fatto anche per richiamare l'attenzione sulle vere priorità del Paese, che in questo momento non sono le riforme istituzionali. (Applausi dal Gruppo M5S).

Il Paese oggi chiede risposte serie e concrete alla crisi economica e alla mancanza di lavoro, e le chiede per le imprese, per le famiglie, per le grandi e piccole imprese ferme al palo da anni. Per questo il Movimento 5 Stelle aveva chiesto di portare in Aula subito i provvedimenti economici. Questi andavano discussi con urgenza, non la finta riforma del Senato! E questo, cari senatrici e senatori, non è ostruzionismo, questo è senso di responsabilità, quel senso di responsabilità che manca al Presidente del Consiglio.
Renzi pensava di incantare gli italiani con la storia degli 80 euro. Poi, tre giorni fa, per prima Confcommercio ha svelato che questi 80 euro non hanno cambiato di una virgola la situazione del Paese, perché i consumi sono fermi e i risparmi non sono cresciuti, l'economia non si è ripresa. Gli 80 euro che rimettono in moto l'Italia sono un'altra bufala venuta fuori dal fantamondo di Renzi. Renzi ha fallito!
L'ISTAT, poi, ha fatto una fotografia impietosa di questo povero Paese: il PIL è sceso dello 0,2 per cento e dello 0,3 su base annua: un risultato del genere non si aveva da 14 anni. Non c'è slide propagandistica che tenga, presidente Renzi: siamo impantanati in una recessione tecnica. E invece lei e il suo ministro Padoan dicevate che la crescita sarebbe stata intorno al più 0,8 per cento a fine 2014. Un errore che agli italiani costa 17 miliardi di euro. Renzi, hai fallito! (Applausi dal Gruppo M5S)
.
Il tasso di disoccupazione giovanile oggi è del 43,7 per cento, il più alto degli ultimi dieci anni, ma i provvedimenti sul lavoro sono chiusi in un cassetto, rinviati a settembre, perché in questo momento è più importante twittare sulla riforma del Senato, un Senato senza più poteri ma con gli stessi costi di sempre. Renzi, hai fallito! (Applausi dal Gruppo M5S).
E nessuno ci venga a dire che le cose vanno così in tutta Europa, perché sappiamo benissimo che persino Paesi che hanno attraversato una crisi più profonda della nostra oggi sono in ripresa. Renzi, anche qui, hai fallito! (Applausi dal Gruppo M5S).

Solo a pensare, cari colleghi, a quello che accadrà in autunno, francamente, mi vengono i brividi. Renzi e Padoan continuano a dire che non servirà una manovra lacrime e sangue, ma come possono mentire così spudoratamente? Come affronteranno un debito pubblico che dall'inizio dell'anno è aumentato di 96 miliardi, con una crescita del 4,7 per cento?

Per correggere i conti serviranno forse 20-25 miliardi. Secondo voi, cittadini, questi soldi dove li andranno a prendere? Taglieranno le pensioni d'oro dei grandi manager? Tasseranno i grandi patrimoni? Niente di tutto ciò. Ecco quello che faranno: toccheranno di nuovo le pensioni minime, toccheranno i conti correnti degli italiani con un prelievo forzoso, aumenteranno i ticket, le tasse scolastiche, taglieranno fondi alla sanità pubblica e alla scuola. Quello che gli ultimi Governi hanno fatto sempre.

Cari italiani, davanti agli occhi di tutti c'è che questo Governo ha fallito. Se questa maggioranza avesse la schiena dritta, se non fosse ricattata da un Governo incapace ma arrogante, se questa classe politica fosse migliore del Paese che rappresenta, allora il da farsi sarebbe chiaro a tutti: anche voi, cittadini, sfiducereste questo Governo. Il Movimento 5 Stelle questo Governo lo ha già sfiduciato e lo sfiducia anche oggi.

Prima di concludere, cari colleghi, Presidenza, vi comunico che consegnerò la parte restante del testo, che avevo intenzione di leggere e che consiste in un documento contenente centinaia di e-mail, che sono arrivate in queste settimane nella casella di posta di tutti i senatori: le e-mail che contengono gli emendamenti che gli italiani avrebbero voluto inserire nella riforma costituzionale. Il potere, infatti, appartiene al popolo e non al Governo ed al Presidente del Consiglio! (Il senatore Petrocelli si reca al banco della Presidenza per consegnare agli Uffici il documento. Tutti i senatori del Gruppo M5S abbandonano l'Aula).

mercoledì 9 luglio 2014

I cinque trucchi con cui la Germania bara sui conti




I cinque trucchi con cui la Germania bara sui conti

Banche pubbliche, debiti dei Comuni, rispetto delle regole: sono i più bravi o solo i più furbi?



Sean Gallup/Getty Images



Non è stato un giorno qualunque, lo scorso 2 luglio: mentre il premier Italiano Matteo Renzi presentava le linee programmatiche del semestre italiano di Presidenza Ue al Parlamento europeo, trovandosi a dover rispondere alle critiche del capogruppo del Ppe Manfred Weber sui conti pubblici dell’Italia e sulla sua inopportuna richiesta di maggior flessibilità sulla linea del rigore, in Germania il consiglio dei Ministri approvava il piano del ministro delle Finanze Wolfgang Schäuble per raggiungere il pareggio di bilancio federale nel 2015. Uno smacco, questo, che si somma al già consistente complesso d’inferiorità dell’Italia nei confronti dei tedeschi: più rigorosi, più efficienti, più competitivi, più onesti. In ultima analisi, molto più bravi e meritevoli di noi.
Domanda innocente: è davvero così? Sì e no. O meglio: che i tedeschi sappiano badare ai loro interessi meglio di noi è fuori discussione; che non sprechino denaro pubblico in mille inutili rivoli, pure; che abbiano imprese che trainano l’economia meglio di una nave rimorchio, anche. Tuttavia, è vero che la differenza tra i nostri e i loro risultati è anche l’effetto di alcuni trucchetti – se così si possono chiamare – che ampliano il divario tra i nostri e i loro bilanci e, soprattutto, tra la nostra e la loro economia, ben oltre i reali valori e meriti. Beninteso, (quasi) tutto perfettamente legale e ben noto nella cerchia degli addetti ai lavori. Forse, fuori da quella cerchia, non abbastanza. Per questo vale la pena di provare a spiegarle per bene, di nuovo.
In Italia c’è la Cassa Depositi e Prestiti (Cdp), in Germania la Kreditanstalt für Wiederaufbau, la Banca per la ricostruzione (post-bellica), per gli amici Kfw. Entrambe sono di proprietà pubblica: la Cdp è all’80,1% del Ministero dell’Economia e delle Finanze, per il 18,5% delle fondazioni bancarie e per l’1,5% di azioni proprie. La Kfw è al 80% di proprietà del governo federale e al 20% dei diversi lander (l'equivalente delle nostre regioni, ndr) in cui è suddiviso il territorio tedesco. Entrambe, per finanziarsi, emettono dei titoli. La Cdp sottoforma di obbligazioni, la stragrande maggioranza delle quali coperte da garanzia statale. La Kfw, pure, emettendo titoli a tassi bassissimi grazie al doppio filo che la lega al governo tedesco e ai suoi affidabilissimi Bund.
La Kfw è pubblica ma i suoi debiti, per la contabilità tedesca, non sono debito pubblico
La Cdp raccoglie ogni anni circa 320 miliardi di euro, la Kfw circa 500 e li reinveste concedendo prestiti a tassi irrisori alle piccole e medie imprese e controllando ingenti quote del capitale di colossi come Deutsche Post e Deutsche Telekom. C’è solo una piccola differenza: i 300 miliardi di debito contratto dalla Cdp coperto da garanzia statale entra nel conteggio del debito pubblico italiano. I 500 miliardi di euro della Kfw invece no. Il motivo è una regola contabile dello Stato tedesco che esclude dal debito pubblico le società pubbliche che si finanziano con pubbliche garanzie ma che coprono la metà dei propri costi con ricavi di mercato e non con versamenti pubblici, tasse e contributi. Regola alquanto discutibile: la proprietà di Kfw è pubblica, la sua vigilanza non è deputata alla Bundesbank (la banca centrale tedesca, ndr), ma al ministero delle Finanze, i suoi tassi sono diretta conseguenza di quelli dei Bund e se avesse problemi sarebbe lo Stato a intervenire. Facciamo i conti della serva: 500 miliardi di euro sono pari a circa un quarto dei 2080 miliardi complessivi del debito pubblico tedesco. Se li sommassimo otterremmo un debito pubblico tedesco che dal 78,4% arriverebbe a lambire il 97% del Pil. Comunque lontano, ma un po’ più vicino al nostro 132,6 per cento.

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In Italia, è cosa nota, dovremo rispettare il principio del pareggio di bilancio a partire dal 2015. Il ministro Padoan ci ha provato a chiedere una proroga al 2016, ma è stato seppellito dalle pernacchie. Tedesche, in primis. Strano: perché in Germania invece questo obbligo ha due velocità. Anzi, a dire il vero, tre. Già, perché la Germania è uno Stato federale, formato da sedici lander. Ognuno dei quali con la propria contabilità, il proprio bilancio, la propria capacità di raccolta fiscale e piena facoltà di indebitarsi. Già, perché anche i lander, nel loro piccolo s’indebitano. Oddio, “piccolo”: degli oltre duemila miliardi di debito tedesco, più di 600 sono da imputare a lander ed enti locali.
Per i Comuni tedeschi, il pareggio di bilancio non è obbligo di legge
Prima differenza non da poco: se lo Stato tedesco dovrà obbligatoriamente raggiungere il pareggio di bilancio nel 2016, i lander potranno prendersela comoda, avendo tempo fino al 2020. Non solo, dicevamo: perché nulla si dice, in Germania, di cosa dovranno fare gli enti locali, il cui debito è pari circa al 6% del totale. Per loro, a quanto pare, il pareggio di bilancio non è obbligo di legge e molti di loro sono sovraindebitati: il record è di Oberhausen, nella Ruhr, il cui debito comunale è pari a 6.900 euro per abitante. Situazione, ne converrete, «leggermente» diversa rispetto a quella dei nostri Comuni, letteralmente strozzati dal patto di stabilità interno, strumento che impone a tutte le articolazioni locali dello Stato di partecipare agli obblighi di finanza pubblica che ci chiede l’Europa. Ah, dimenticavo: indovinate chi è uno dei principali creditori degli enti locali tedeschi? Esatto, la Kfw.

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Al netto della Cdp, in Italia tutte le banche sono in mano a investitori privati. In Germania invece il 45% del sistema bancario è in mano al settore pubblico. Il caso più famoso è quello della Commerzbank, una delle principali banche tedesche, nel quale lo Stato partecipa con una quota del 17%, ma vi sono molte altre realtà del credito con una forte presenza del pubblico nella compagine azionaria. Prime fra tutte le Landersbanken, le banche regionali tedesche. Sono sei, sono tutte pubbliche, sono gestite con criteri politici e, soprattutto, non sono esattamente dei nani della finanza: LbBerlin, la più piccola, ha attività per 130 miliardi di euro; la più grande, la Lbbw, 337 miliardi – una volta e mezzo il Monte dei Paschi di Siena, tanto per essere chiari, ed è la quarta banca del Paese. Da qualche anno si parla della crisi delle Landesbanken e dei 637 miliardi di attività deteriorate che hanno in pancia, soprattutto a causa del fatto che nel 2008, quando scoppiò la crisi finanziaria, erano imbottite di mutui subprime.
In Germania, quasi la metà del sistema bancario è in mano al pubblico
L’effetto complessivo, al netto della crisi di queste banche regionali, è quello di un sistema del credito che gioca in stretta sinergia con gli obiettivi di finanza pubblica del governo centrale. Facciamo un esempio: poniamo che la Germania voglia esercitare una forte pressione competitiva su un Paese concorrente e sulle sue imprese. Per farlo, potrebbe decidere di vendere in blocco tutti i titoli di stato di quel paese detenuti dalle banche di cui è azionista. I tassi d’interesse dei titoli di stato di quel Paese, come conseguenza, si alzerebbero immediatamente, e le imprese di quel Paese si troverebbero a dover pagare il denaro molto più caro, ammesso e non concesso che riescano ad accedere al credito. In un contesto continentale in cui anche una pacca sulla spalla rischia di essere sanzionata come aiuto di stato appare strano che nessuno mai si sia accorto di tale, piuttosto evidente, anomalia.

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Il Sole 24 Ore dice che «ormai si può parlare di prassi»: nella seconda metà di maggio, un paio di mesi fa, quindi, la Bundesbank ha ripetuto per ben due volte quello che possiamo senza timore di smentite definire come il quarto trucchetto tedesco: in parole povere, se c’è un’asta di Bund e parte dei titoli non viene comprata sul mercato primario – quello in cui ogni Stato colloca in prima battuta i propri titoli di debito, con accesso riservato a grandi fondi e banche internazionali – la banca centrale tedesca se li compra (o, meglio, li «congela») e li ricolloca successivamente sul mercato secondario. In questo modo, evita che i tassi si alzino e che i Bund perdano valore. So cosa vi state chiedendo: perché noi non lo facciamo? Semplice, perché non si può fare. L'articolo 101 del Trattato di Maastrich vieta l'acquisto sul mercato primario di titoli di Stato da parte delle banche centrali.
La Germania lo fa, noi no. Perché? Perché non si può fare
Testuale: «È vietata la concessione di scoperti di conto o qualsiasi altra forma di facilitazione creditizia, da parte della Bce o da parte delle banche centrali degli Stati membri (in appresso denominate «banche centrali nazionali»), a istituzioni o organi della Comunità, alle amministrazioni statali, agli enti regionali, locali o altri enti pubblici, ad altri organismi di diritto pubblico o a imprese pubbliche degli Stati membri, così come l'acquisto diretto presso di essi di titoli di debito da parte della Bce o delle banche centrali nazionali». Ripetete con me: gli italiani rispettano le regole, i tedeschi no. Fa uno strano effetto, vero?

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Un ultimo esempio: nel 2011 l’Unione europea ha approvato il «six pack», sei direttive, per l’appunto, volte ad armonizzare gli squilibri tra i diversi Stati membri. Quattro di queste sei direttive hanno come oggetto le politiche fiscali e sono le famose cose «che ci chiede l’Europa», come ad esempio la riduzione del deficit. Le altre due direttive, invece, riguardano gli squilibri macroeconomici. Uno dei quali le differenze nei saldi commerciali dei Paesi. Non sto a farla lunga, che non è questa la sede: vi basti sapere che alcuni Paesi importano più di quanto esportano (ad esempio, la Grecia) e altri invece sono esportatori netti che realizzano ogni anno surplus commerciali piuttosto ingenti (ad esempio, la Germania). E che tutto questo, se avviene nel contesto del mercato unico europeo, aumenta gli squilibri marcoeconomici tra i due Paesi e mettere a rischio la tenuta complessiva del sistema.
Loro saranno pure più furbi che bravi, quindi, ma noi ce li meritiamo, i tedeschi. 
La regola, quindi: nessun Paese europeo può avere un «rosso» commerciale di più del 3% e un surplus di più del 6%. Indovinate quale Paese ha violato questa regola, negli ultimi cinque anni. No, non è la Grecia, e nemmeno l’Italia. È lo stesso Paese che finanzia le piccole imprese con denaro pubblico raccolto da una banca pubblica che tuttavia non è debito pubblico. È lo stesso Paese che impone il pareggio di bilancio senza se e senza ma agli altri Paesi europei, ma non ai suoi comuni. È lo stesso Paese che punta il dito sugli aiuti di Stato altrui, ma possiede quasi la metà del proprio sistema bancario. È lo stesso Paese che viola apertamente l’articolo 101 del trattato di Maastricht. Tutti gli altri, invece, sono i Paesi che non dicono nulla e che non hanno nemmeno la forza di chiedere e strappare in sede Ue regole contabili comuni, una vera unione bancaria, anche solo banalmente il rispetto delle regole. Loro saranno pure più furbi che bravi, quindi, ma noi ce li meritiamo, i tedeschi.