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lunedì 9 settembre 2013

DA LEGGERE ------- RENDI/CONTO STATO --------Barbara LEZZI M5S

Domattina, 10 settembre, in Commissione Bilancio, discuteremo il disegno di legge sul Rendiconto generale dell’Amministrazione dello Stato per l’esercizio 2012 e quello sull'assestamento del bilancio dello Stato e dei bilanci delle Amministrazioni autonome per l’anno 2013, il tempo che “normalmente” si impiega per tale discussione è di qualche oretta, poi nel pomeriggio, in aula, inizierà l’esame dei provvedimenti.
Dal punto di vista operativo ai componenti delle commissioni viene consegnato un quantitativo impressionante di documenti, dove viene esposto, in maniera sintetica ed analitica, il rendiconto dello stato (bilancio consuntivo). Quindi, si hanno pochissimi giorni a disposizione per leggere migliaia e migliaia di pagine con relative tabelle e tabelline. Molto spesso, i membri delle commissioni non ritirano la gran parte della documentazione, rinunciando in partenza a comprendere, e chi, ostinatamente, intende capirci qualcosa sa che il tempo è tiranno.
Il meccanismo è stato congegnato così bene che raggiunge quasi sempre l’obiettivo: far capire il meno possibile, se nulla e ancora meglio, ai componenti delle commissioni e ai membri del Parlamento sulla reale situazione dei conti pubblici dello stato. Insomma, pretesa e regola sono: votate e fate votare senza capire un ca…(volo).
Tutto diventa un rito, dove furbizia, ipocrisia e inconsapevolezza sono i fattori centrali della trance collettiva.
Nel frattempo, per chiudere il cerchio e distrarre gli italiani, si fa finta di fare qualche provvedimento legislativo, sulla non abolizione dell’IMU, sul non fare 2, sulla non legge di stabilità, sul non sviluppo ecc. ecc..
Dicevo che molto spesso i membri delle commissioni non ritirano la gran parte della documentazione relativa al conto consuntivo, questa volta in Senato sono andata con le valige. All’uscita il messo mi ha chiesto se ero in partenza, gli ho risposto che ero appena arrivata e che era mia intenzione fermarmi il più a lungo possibile.
Mi sembra assurdo dedicare al Rendiconto un tempo e un attenzione cosi scarsi. Il Rendiconto rappresenta quello che lo Stato ha fatto in un anno. Mi sembra inconcepibile che fino a questo momento le forze politiche abbiano concentrato tutta la loro attenzione sul bilancio preventivo disinteressandosi di quanto effettivamente accaduto. Il bilancio di previsione, per la maggior parte del contenuto, è disapplicato è questo lo si può verificare solo guardando con la lente di ingrandimento il bilancio consuntivo. La prassi/sistema che si è sviluppata è quella della cogestione, dove le forze politiche fanno finta di scontrarsi sul bilancio preventivo ma di fatto decidono insieme sulla gran parte dei provvedimenti. Ora la maggioranza PD/PDL ha messo nero su bianco questa prassi di corresponsabilità. Si dice una cosa (bilancio preventivo) e si fa il suo opposto (bilancio consuntivo).
Ma andiamo sul concreto e vediamo, in sintesi, alcuni numeri contenuti nel Rendiconto.
La prima cosa che salta all’occhio è la premessa del disegno di legge: In Italia le tensioni registrate sui mercati finanziari nella seconda metà del 2011 hanno indotto un forte irrigidimento delle politiche di bilancio, mirate a centrare l’obiettivo di medio termine del pareggio strutturale e la chiusura per deficit eccessivo aperta nel 2009.
Quindi gli ultimi tre governi che si sono succeduti (1° Berlusconi- Letta – Casini –Fini – 2° Monti (Casini-Fini) – Berlusconi – Letta e per ultimo, tanto per cambiare, il Letta –Berlusconi – Monti/Casini), si sono posti l’obiettivo di far quadrare i conti dal lato della spesa imponendo, si fa per dire, a ciascun Ministero la riduzione delle dotazioni finanziarie, prevedendo che fossero le amministrazioni a proporre su quali stanziamenti effettuare riduzioni e solo qualora ciò non fosse stato fatto il Ministero dell’economia e delle finanze sarebbe intervenuto con tagli lineari attuati con gli occhi bendati. Il risultato è stato che si è tagliato male e alla ceca nel ventre molle degli italiani, riducendo il finanziamento agli enti di ricerca e bloccando gli stipendi pubblici, per nulla rinunciando agli enti inutili, anzi creandone di nuovi, per ultimo la nomina di un Commissario super esperto per tagliare la spesa pubblica. Commissario inutile e costosissimo, e non perché non bisogna tagliare, noi abbiamo proposto una mozione in tal senso, indicando anche metodi e spesa da tagliare, ma perché rappresenta un’altra moltiplicazione della spesa pubblica.
Nel disegno di legge è riportato che la “gran parte delle disposizioni non hanno avuto effetto sul rendiconto 2012”. Tanto rumore per nulla. Le solite balle raccontate agli italiani. E come hanno fatto ad arginare il loro mal operato? Massacrando gli italiani di tasse, introducendo in via sperimentale l’IMU, aumentando l’aliquota IVA, le accise e riducendo all’osso le agevolazioni alle imprese.
Ma queste vessazioni non sono bastate, malgrado tutto, il debito pubblico è aumentato e soprattutto gli interessi passivi, che ogni hanno pesano sulle spalle degli italiani, impediscono ogni margine di manovra per impedire il fallimento del Paese.
A questo punto potremmo essere indotti a pensare che peggio di così non può andare. Leggendo il rendiconto si capisce che la situazione è drammatica e che il peggio deve ancora arrivare.
Riassumo la situazione facendovi una “piccola sintesi”:
Nel 2011 le entrate dello stato ammontavano a 750.165 milioni di euro, le spese a 706.957 milioni di euro, nel 2012 le entrate hanno subito un incremento pari a 35.410 milioni di euro raggiungendo la cifra di 785.575 milioni di euro, le spese hanno subito un incremento pari a 42.380 milioni di euro raggiungendo la cifra di 749.337 milioni di euro.

E’ successo esattamente l’opposto di quanto avevano preventivato. E attenti a non farci prendere in giro con il bilancio preventivo dove, volutamente, entrate e spese vengono pompate perché questo consente loro di dire come siamo stati bravi, abbiamo previsto di spendere di più e invece abbiamo speso meno, avendo speso meno siamo stati bravi con gli italiani perché li abbiamo massacrati senza pietà di tasse, ma un po’meno di quanto meritavano.
Il confronto lo si deve fare con i dati reali, con gli accertamenti e con gli impegni degli anni 2011 e 2012, loro invece nelle relazioni pensano di poterci prendere in giro confondendo capre e cavoli.
Ma andiamo avanti, le entrate sono rappresentate soprattutto dalle entrate tributarie che contribuiscono per 463.769 milioni di euro e dall’accensione di prestiti per 239.784 milioni di euro, per la parte residuale contribuiscono le entrate extratributarie e i proventi da alienazioni.

Dal lato della spesa la situazione è ancora più drammatica, un buco nero che inghiotte tutto.
La tendenza è una diminuzione dei contributi di produzione, dell'assistenza alle famiglie e della spesa in conto capitale (investimenti) e un parallelo aumento della spesa per pensioni, spese correnti e interessi passivi. E' quella che potremmo definire una corsa verso il baratro.
E’interessante, sempre ragionando sugli impegni effettivi dello Stato (per competenza), vedere l’evoluzione della spesa e notare come dal 2000 al 2012, le spese correnti complessive sono passate da 564.953 milioni di euro a 749.337, ma quello che salta agli occhi è che le spese correnti sono passate da 354.825 milioni di euro a 489.351 milioni di euro, le spese in conto capitale da 44.706 milioni di euro a 45.653 milioni di euro, nel corso degli anni avevano toccato la cifra di 63.052 milioni di euro, poi, evidentemente, i nostri governanti hanno deciso di non investire più nel futuro degli italiani. La voce di spesa relativa al rimborso delle passività finanziarie (debito) è passata da 165.422 milioni di euro a 214.334 milioni di euro, quest’ultima voce solo tra il 2011 e il 2012 ha subito un incremento del 15,2%.

Viviamo in un paese dove 750 miliardi di euro escono dalle casse pubbliche, dove la politica fa passare tra le sue mani la metà del PIL e riesce anche ad indebitarsi, nonostante l’Italia sia uno dei Paesi più tassati al mondo.
Nel rendiconto la missione “Debito Pubblico” ha fatto registrare impegni per 295.798 milioni pari al 39.5 percento del totale della nostra spesa pubblica, di cui solo per interessi passivi si impegna la cifra di 81.656 milioni di euro.
Tale voce nel corso degli anni è sempre aumentata e le previsioni dei nostri governanti dicono che aumenterà ancora, le loro previsioni “ottimistiche fanno mal sperare, dicono che nel 2015 per gli interessi passivi raggiungeremo la cifra di 99.808 milioni di euro, ovviamente le risorse saranno prese riducendo le spese in conto capitale e in ricerca. Disprezzano il futuro.
Nel frattempo ci tengono impegnati con le vicende personali di Berlusconi e ci prendono per i fondelli
dicendo che aboliranno l’IMU. come sappiamo l’IMU verrà sostituita dalla Service Tax, quello che invece nascondono è che per gli italiani il peso del fisco è destinato ad aumentare. Per garantire la tenuta dei saldi di finanza pubblica allo sbando, il decreto 102/2013 prevede una clausola di salvaguardia che scatta nel caso in cui le entrate previste dalle altre norme non diano i risultati sperati. Tradotto significa che se dai provvedimenti per l’IMU dovessero risultare minori entrate, per far quadrare i conti interverrà il Ministero dell’Economia con un aumento degli acconti Ires, Irap e delle accise. Il gioco è sempre lo stesso, ci trattano da scemi. Continuano a fare quello che hanno sempre fatto. In fondo, sono sempre gli stessi.
Ma non è finita, oltre al rendiconto ci occuperemo anche dell’assestamento al bilancio 2013, ebbene, le note che accompagnano il disegno di legge evidenziano per il 2013 un ulteriore peggioramento delle finanze pubbliche, cito testualmente:”Il peggioramento del saldo netto da finanziare è di 29.187 mln di euro (dai 73.691 mln delle previsioni iniziali a 102.878 mln), quello del risparmio pubblico di 15.512 mln (da 28.075 a 43.587 mln), il saldo primario peggiora di 29.582 mln cambiando segno (a fronte di una previsione iniziale di avanzo per 15.970 mln si ha una previsione assestata di disavanzo per -13.612 mln), mentre il ricorso al mercato, infine, peggiora di 24.546 mln (da 284.489mln a 309.035 mln)”.
L’art. 2 del disegno di legge recita:” le disposizioni in oggetto contengono modifiche alla legge di bilancio per il 2013: il comma 1 dispone l’aumento dell’importo massimo autorizzato di emissione dei titoli pubblici, portandolo da 24.000 (come stabilito dall’art. 2, c.3, della citata leggedi bilancio) a 80.000 milioni di euro”.

Tale articolo sarà emendato dal Governo e l’importo massimo autorizzato passerà da 80.000 milioni di euro a 98.000 milioni di euro.
Per il governo l’incremento proposto permetterà di compensare i possibili sfasamenti inframensili fra incassi e pagamenti e di affrontare i primi mesi del 2014 con sufficiente riserva di liquidità.

La relazione del Governo che accompagna i due disegni di legge, composta da sei striminzite paginette, ve la risparmio. Evidentemente, vogliono agevolare Beppe Grillo nella stesura del suo prossimo spettacolo.
Vi cito e commento alcuni passaggi:
• Il complesso delle nuove misure avrà un impatto favorevole sull’economia e lascerà inalterato l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche riflettendosi unicamente sul fabbisogno finanziario e sul debito. Resta dunque confermato l’obiettivo di conseguire un saldo d’indebitamento netto in rapporto al PIL entro la soglia del 3,0 per cento per l’anno 2013.

Si, l’indebitamento netto delle Amministrazioni pubbliche potrebbe anche rimanere inalterato ma quello dello Stato è in forte peggioramento. Con l’emissione di nuovo debito pubblico si riconosce un debito che per definizione non era conteggiato nel calderone del debito pubblico, come ad esempio il debito commerciale delle PA nei confronti delle imprese.
C’era da scommetterci che il rapporto defici/PIL debba stare a tutti i costi entro il 3%. In realtà, la voragine nei conti pubblici non fa ben sperare, nel 2012 il Pil, ai prezzi di mercato, è stato pari a 1.565,9 miliardi di euro correnti, con una riduzione dello 0,8% rispetto all’anno precedente. In volume il Pil è diminuito del 2,4%. Per il 2013, nel DEF il Pil stimato è pari a 1.573,2 miliardi di euro, alcuni economisti stimano che il Pil per il 2013 sarà pari a 1.551 miliardi di euro. Che il PIL ce la mandi buona, altrimenti a fine 2013 avremmo un rapporto deficit Pil ben oltre il 3%. Quello che si può dire con certezza è che l’Italia è l’unico Paese del G7 in cui il Pil non cresce ma decresce, secondo i dati diffusi pochi giorni fa dall’OCSE nel 2013 il Pil dell'Italia si attesterà al -1,8%. E per il 2014 le previsioni non sono migliori. Perdiamo in materia di consumi e competitività, secondo il World economic forum l’Italia ha perso ben sette posizioni slittando dalla quarantaduesima alla quarantanovesima.

• La cosiddetta crescita acquisita fino a tutto il secondo trimestre del 2013 è pari a -1,7 per cento. Tale contrazione è maggiore di quella prevista nel quadro macroeconomico del Documento di Economia e Finanza (DEF), pari all’ 1,3 per cento per l’intero anno. Tuttavia, le ultime informazioni disponibili sembrano confermare l’ipotesi avanzata nel DEF di una ripresa dell’attività economica nella seconda parte dell’anno.

Siamo senza speranza, non solo sbagliano le previsioni, ma continuano a perseverare. La “crescita acquisita” pari a – 1,7 per cento farebbero meglio a chiamarla contrazione del PIL.

• Gli andamenti economici della prima metà del 2013 confermano la correttezza delle valutazioni effettuate dal Governo all’atto del suo insediamento e delle decisioni successivamente prese. Dopo il notevole consolidamento fiscale intrapreso nel 2012 e già programmato per il 2013, si è reso necessario affiancare alle politiche di riforma iniziative a sostegno dell’economia capaci di attenuare gli effetti recessivi del consolidamento fiscale e di fornire liquidità agli operatori economici.
• Il calo della domanda, avvenuto nei primi mesi dell’anno, si è successivamente rivelato maggiore di quanto previsto, confermando ulteriormente l’importanza delle azioni intraprese. Queste hanno contribuito a stabilizzare la situazione economica ponendo le basi per la successiva ripresa. I nuovi interventi, deliberati nei mesi estivi, miglioreranno leggermente il profilo di crescita dell’economia.
• Come già emerso nei mesi scorsi, a causa della contrazione del PIL verificatasi nella prima parte dell’anno, e in particolar modo nel primo trimestre, la previsione di crescita annua contenuta nel DEF (pari a -1.3 per cento) dovrà essere rivista verso il basso.

Leggendo questi tre passaggi della relazione del Governo, si intuisce l’ottimismo che accompagna il nostro Premier, a noi non rimane che cogliere il modo schizofrenico e scellerato con cui chi ha responsabilità politiche si occupa della cosa pubblica.
Dicevo che il peggio deve ancora arrivare, dal 2015 avremo a che fare con un giochino infernale: la regola
del debito o Six Pack. Il Six Pack stabilisce che gli Stati membri il cui debito superi il 60 per cento del PIL, debbano ridurre tale rapporto ad un ritmo adeguato a convergere verso il valore di riferimento. Affinché la riduzione sia “adeguata” è necessario che la distanza del rapporto debito/PIL dalla soglia del 60 per cento, si riduca al passo di un ventesimo all’anno calcolato alla media dei tre anni antecedenti la valutazione. Il mancato rispetto del criterio del debito è valutato in base a tre condizioni. Se le condizioni non vengono soddisfatte, si apre la procedura per disavanzi eccessivi.
Rispetto a quest’ultimo passaggio la Corte dei conti ha sottolineato come l’Italia, per garantirsi il pareggio di bilancio e il rispetto dei vincoli sul debito, deve avere un tasso di crescita nominale del PIL di un punto superiore a quello richiesto agli altri paesi europei per i prossimi vent’anni. La Corte ha anche affermato che l’avanzo primario dell’Italia, sempre per rispettare i vincoli del debito, deve essere superiore a quello degli altri paesi europei, anche nell’ipotesi che lo spread fra i vari Paesi europei e la Germania fosse azzerato. Sempre la Corte dei Conti ha definito tale percorso: ipotesi non realistica.
Il nostro PAESE non merita tutto questo.
Barbara Lezzi