Mentre il PIL dell’Area Euro nel secondo trimestre 2013 è cresciuto mediamente dello 0,3 per cento rispetto al trimestre precedente, in cui si era registrata una variazione negativa del tasso di crescita del – 0,2 per cento, l’Italia e Spagna sempre nello stesso periodo continuavano a rimanere in recessione.
Sono state Germania e Francia a trainare la crescita con tassi più elevati rispetto alla media, rispettivamente, dello 0,7 e dello 0,5 per cento.
Su base annua il DEF stima una contrazione del PIL italiano pari al -1,7 per cento smentendo la precedente previsione contenuta nel DEF che davano un contrazione al -1,3 per cento.
In realtà, secondo le stime Istat, Prometeia e altri organismi internazionali, la contrazione del Pil sarà del -1,8 - -1,9 per cento.
Per l’Italia, anche per la fine dell’’anno, non si nota nessuna inversione di tendenza.
Nella Nota al DEF, mentre nell’Area euro si prefigura per il 2014 una crescita media del PIL pari all’1 per cento, come per magia, si prefigura anche per l’Italia una crescita in linea con la media europea per il 2014 pari all’1 per cento, malgrado ancora oggi tutti i comparti economici (agricoltura, industria, servizi e costruzioni) registrano una diminuzione congiunturale del valore aggiunto.
Ma non è finita qui, per dimostrare alle istituzioni europee che siamo bravissimi si prefigura per il 2015 una crescita del PIL del 1,7 per cento, fino all’incremento del 1,9 per cento del 2017.
Insomma, tutto a posto. Meglio di noi possono fare pochi.
Al nostro Governo poco importa che ormai le famiglie e le imprese non solo non ottengono credito, ma sono anche scoraggiate a chiederlo, poco importa che secondo i dati diffusi da Unimprese 5 aziende su 8 (il 40 per cento) che riescono ad ottenere un prestito dalle banche lo utilizzano per pagare le tasse e che per le piccole e medie imprese tale percentuale sale al 62 per cento.
Non solo è difficile ottenere un prestito dal sistema bancario, ma quel poco che si ottiene e finalizzato a pagare imposte e tasse anziché fare investimenti.
Di fatto le imprese italiane si trovano schiacciate tra un fisco pigliatutto e un sistema creditizio che taglia le gambe.
Si chiudono le porte al futuro.
In queste condizioni come si fa a prevedere stime di crescita del PIL Italiano pari a quello dell’Area Euro?
L’ulteriore mazzata le aziende Italiane la riceveranno a ottobre, a novembre e a dicembre, quando dovranno pagare l’IVA che è passata dal 21 al 22%.
La nota al DEF, sulla base di previsioni di crescita del PIL italiano che mai ci saranno e che fanno a cazzotti con tutte le previsioni degli altri Istituti (CER, PROMETEIA, CONFINDUSTRIA, CONSENSUS FORECASTS ecc.), costruisce tutti i saldi di bilancio, tra cui l’indebitamento netto, l’avanzo primario e soprattutto il saldo di bilancio strutturale da cui si desume un quadro di finanza pubblica, per il periodo 2014 – 2017, in linea con quelle che sono le richieste europee.
L’avanzo primario, addirittura, secondo le previsioni, passa dal 2.4 per cento al 5,1 per cento rispetto al PIL. Insomma gli italiani possono dormire sogni tranquilli.
Si continua a fare quello che si è sempre fatto, previsioni ottimistiche e consuntivi tristissimi dove a farla da padrone sono le percentuali sempre più alte delle risorse del bilancio destinate alla gestione del debito pubblico.
Il ciclo vizioso si ripete e non se ne esce.
Intanto non si sa ancora che pesci prendere per rimanere all’interno del 3 per cento nel rapporto deficit PIL per l’anno 2013, al fine di evitare la procedura per deficit eccessivo.
Se non si prende atto che occorre una svolta il prossimo bilancio consuntivo per l’anno 2013 sarà un déjà vu.
Intanto la regola del debito ci aspetta.