Ieri
sera, mentre Roberto Fico dava prova di onestà e determinazione da
Fazio (il quale con continue interruzioni, mai avvenute precedentemente,
dimostrava “paura” e inadeguatezza di fronte alle argomentazioni di
Roberto), con Paola Taverna e Carla Ruocco abbiamo partecipato a un
aperitivo a Monteverde. Avevo lanciato l’evento su FB ma non mi
aspettavo così tanta gente. Tantissimi cittadini non sono
riusciti a entrare, erano sulla strada, quasi la bloccavano. Abbiamo
improvvisato due dibattiti, uno dentro un bar, tutti stipati, ammassati e
noi a turno sopra una sedia con un megafono e l'altro nel cortile
dietro al bar con persone aggrappate alle ringhiere per ascoltare. Ho
pensato all’immensa differenza tra un messaggio patinato di B. o di
Letta e noi, sudati, a rispondere alle domande dei cittadini. C’erano
tanti giovani e questo mi ha dato una carica immensa. Il M5S è stato
votato da moltissimi giovani ma non ho visto in questi mesi la quantità
di giovani che mi sarei aspettato nei banchetti o negli eventi che
organizziamo. Ieri sì. Stamattina pensavo a una domanda che spesso
ascolto tra i ragazzi: “qual’è la facoltà o la strada che devo
intraprendere per avere più possibilità di trovare un lavoro?”.
Ovviamente massimo rispetto per la domanda e per le difficoltà che i
giovani (disoccupazione giovanile al 40%) hanno ma questa domanda, fatta
da un ragazzo, è una contraddizione biologica. Temo che il “sistema”
prema proprio per questo, spinga il più possibile (dal posizionamento
dei prodotti nei supermercati ai palinsesti televisivi) il cittadino ad
essere passivo. Scegliere sulla base delle possibilità lavorative e non
seguire le passioni che abbiamo è l’esempio massimo di passività. Temo
che o rovesciamo il tavolo ORA con una partecipazione politica nuova
(ieri l’ho vista) o tra 10 anni ci saranno centinaia di giovani
“disallineati”, sostanzialmente delusi, frustrati, “pietre che rotolano”
come canta Bob Dylan, oggetti manipolabili, proprio per l’assenza di
prospettiva, dal potere. Io nel 2009 ho fatto la scelta più importante
della mia vita quando ho lasciato un lavoro e ho rischiato comprando un
biglietto di sola andata per Buenos Aires. Ho rischiato, ho “ascoltato i
consigli del cuscino” come scrive Sepulveda. Ho fatto l’artigiano di
strada, ho scaricato cemento sul Paranà e maiali sul Rio delle Amazzoni,
ho fatto il pescatore di aragoste a San Blas. Ho scritto, ho scritto
moltissimo. Da quella scelta “controcorrente” è nato il lavoro di
reporter, è nato un libro che ho pubblicato che mi rende fiero, è nata
in fondo la mia candidatura alle politiche. Le mie esperienze zaino in
spalla mi hanno fatto conoscere il mondo e mi hanno permesso di
diventare, grazie alla fiducia dei miei colleghi, Vicepresidente della
Commissione Affari esteri, io che fino a 3 anni fa annodavo fili buttato
in terra a San Telmo con la speranza di vendere un paio di orecchini a
qualche turista brasiliano. Il cambiamento è dietro l’angolo, io lo
sento vicino come non mai. Magari ho totalmente sbagliato previsione ma
magari no. I giovani devono crederci per primi, devono indignarsi,
devono organizzarsi, devono vivere di fantasia e creatività. Non devono
soltanto informarsi, devono loro fare informazione. Non possiamo
accontentarci, non adesso.