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lunedì 20 gennaio 2014

Uscire della politica delle emergenze si può



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Oggi è un lunedì triste. Mentre Emilia e Liguria piangono, ci rendiamo sempre più conto che le istituzioni locali non riescono a garantire una concreta gestione del territorio; e la classe politica nazionale, chiusa nei palazzi del potere, è lontana dai bisogni reali, impegnata solo a far quadrare astrusi conti come richiesto dai potentati europei.
L'Emilia in poco più di un anno e mezzo ha subito terremoto, trombe d'aria e ora l'alluvione, dovuto ad un'anomala rottura degli argini del fiume Secchia, ed è dal maggio 2012 che sta lottando affinché il Governo si occupi seriamente della ricostruzione post-sisma.
Siamo bravissimi nei primi soccorsi, protezione civile, vigili del fuoco e tutte le forze dell'ordine lavorano egregiamente in questi frangenti, ma non basta più a rassicurarci, non possiamo ridurci alla politica delle emergenze. Mettere in sicurezza preventiva il territorio significa secondo gli esperti del settore risparmiare dalle 5 alle 7 volte il denaro pubblico speso per l'intervento a emergenza avvenuta, e soprattutto dare certezze maggiori a chi vive e fa impresa in questi territori e quindi creare i presupposti per creare economia più stabile.
L'Italia, lo sappiamo bene, è tutta a rischio sismico e idrogeologico ma ciò non ci esenta dalla responsabilità di investire energie e risorse per evitare tragedie, per quanto umanamente possibile. Già a giugno scorso, il Movimento 5 Stelle aveva presentato una mozione, approvata a larga maggioranza, per impegnare il Governo ad interventi urgenti per il dissesto idrogeologico. Questo atto non può rimanere disatteso.
E' vero, la legge di stabilità ha stanziato dei fondi, ma sono sempre briciole se pensiamo che nel 2012 furono stimate in circa 40 miliardi le risorse per mettere in sicurezza il nostro Paese solo dal punto di vista idrogeologico. Potrebbero sembrare investimenti imponenti per le nostre tasche ma sarebbero assai più produttive delle centinaia di grandi opere inutili in programmazione che per la maggior parte sono costituite da strade e autostrade.
Gli investimenti in edilizia pubblica per la messa in sicurezza del territorio sono invece opere che potrebbero portare veri benefici non solo dal punto di vista ambientale ma anche alla nostra economia in crisi. Tra l'altro in Italia paghiamo quasi 44 miliardi di euro all'anno di tasse ambientali ma solo l'1% è destinato alla messa in sicurezza del territorio.
Tutto ciò significherebbe finalmente per il nostro Paese uscire fuori dalla politica delle emergenze e volare alto. L'Emilia è pronta per questa scommessa e aspetta solo un segnale da parte del Governo ad esempio con una fiscalità di vantaggio nelle zone terremotate emiliane. Tra l'altro considerato il recente innalzamento generale delle tasse e balzelli tra caselli autostradali, benzina, servizi postali, tpl, tares, crediamo sia d'obbligo trovare ulteriori fondi da restituire ai servizi dei cittadini.

Oggi a l'@ArenaGiletti avrei voluto dire molto di più... @GiancarloCanc


Oggi a "l'Arena" avrei voluto dire molto di più, ma il poco tempo e le interruzioni continue non ti permettono mai di essere preciso. In questa tabella trovate tutti i dati che i giornalisti si sono dimenticati di comunicare ai Cittadini.
I numeri parlano chiaro, vinciamo noi!

Passaparola!

PS. La lista Megafono Crocetta non ha indagati, per un caso di omonimia ho confuso Nino Oddo con Camillo Oddo.




SALVATORE MICILLO E LA SUA LEGGE @luigidimaio @micillom5s



Stasera sono stato ad Aversa, nel bel mezzo della Terra dei Fuochi. Un evento stupendo organizzato dal Meetup locale. Io e Salvatore Micillo (nostro Deputato alla Commissione Giustizia, da sempre in prima fila per le battaglie ambientali del territorio) abbiamo ricordato ai cittadini Campani che la partita per salvare la nostra terra si sta giocando in questi giorni. E non bisogna abbassare la guardia. 
Mentre Renzi, Berlusconi, Letta e Alfano tramano per capire quale sistema elettorale li può favorire alle prossime elezioni, la Camera sta approvando il Decreto "Terra dei Fuochi", un testo vuoto che rischia di diventare un enorme spot elettorale per rifare la verginità politica alla De Girolamo. A proposito: per me chi gioca con la sanità, gioca con la vita delle persone. "Nunzia" se ne deve andare il prima possibile a casa. Al di là delle inchieste. Si dimetta prima della nostra sfiducia in aula. 

Durante la serata ho spiegato come il genocidio campano sia stato volutamente ignorato dalle istituzioni nazionali per 20 anni. Non ci sono alibi. POTEVANO FARE E NON HANNO VOLUTO. È emblematica la storia da parlamentare di Salvatore Micillo, che in 10 mesi ha fatto più di tutti i "dinosauri" che arredano Montecitorio da 20 anni.

Nei primi giorni della nostra elezione, ognuno di noi scelse la propria commissione. Salvatore andò alla Commissione Giustizia. "Voglio lavorare sui reati ambientali" - mi disse. La sua storia lo precede: viene da Giugliano, ha vissuto vicino ai 300 campi di calcio ricoperti di ecoballe. La famigerata "Taverna del Re", regalo del Pd e del Pdl ai campani. E non si è mai sottratto all'attivismo per difendere la sua terra. 

Pochi giorni dopo ci perdemmo di vista. Io fui eletto vice presidente, iniziarono i due mesi più intensi della mia vita. Ognuno iniziava a seguire il proprio settore a testa bassa. 
Incontravo ogni tanto Salvatore in aula e ci tenevamo aggiornati. Solo un mese dopo mi chiede di firmare la sua proposta di legge per portare i reati ambientali nel codice penale ed inasprire fortemente le pene: "ti giuro che se ottengo questa legge, posso anche tornarmene a casa" - era carico ed entusiasta e voleva lavorare solo a quello. 

Dopo qualche mese gli ho chiesto a che punto fosse la legge su cui stava lavorando: "Luigi sto facendo lo stalker, ogni seduta chiedo al presidente di commissione di accelerare la discussione, ce la possiamo fare". 
Tre settimane fa mi ha raggiunto in aula un pomeriggio e mi ha detto: "è fatta, la legge è stata approvata all'unanimità in commissione. A gennaio arriva in calendario dei lavori della Camera per l'approvazione". 

Stasera Salvatore davanti a trecento campani ha annunciato che domani a Montecitorio inizierà la discussione della sua legge sui reati ambientali. 
Immaginate: 92 MINUTI DI APPLAUSI! A me batteva il cuore. 

Questa storia la racconto sempre. Perché in questo esempio c'è la storia dell'Italia: quando non si vogliono fare le cose si inventano scuse (regolamenti parlamentari, costituzione obsoleta, etc.). Quando invece si vuole, le leggi si fanno in un attimo. E viene da chiedersi perché non si è agito in 20 anni. 

NOI SIAMO QUELLI CHE VOGLIONO FARE LE COSE, se ancora non si fosse capito. 
Stateci vicino e #vinciamonoi

micillo_aversa

Michele è vivo e lotta insieme a noi! @micillom5s

Published on 19 gennaio 2014, by Salvatore Micillo in Attività.
micillo_aversa
Quando ho accettato di prendere parte all’incontro che si è tenuto stasera presso la sala convegni “V. Caianiello” di Aversa, l’ho fatto con il consueto spirito che mi ha sempre spinto ad andare tra la gente per raccontare e condividere le esperienze e le battaglie nelle quali mi sono immerso da attivista ieri e da parlamentare oggi.
In compagnia di attivisti, amici, familiari e tantissimi cittadini che hanno riempito la sala in ogni ordine di posto abbiamo avuto la possibilità di raccontare il nostro percorso parlamentare riguardante la battaglia per la modifica del Decreto Legge 136/2013 sulle emergenze ambientali, nella parte riguardante la cosidetta Terra dei fuochi, e l’impegno sulla proposta di legge a mia firma sull’introduzione nel codice penale di un nuovo titolo riguardante i delitti contro l’ambiente. Proposta che dopo il parere favorevole delle commisioni parlamentari, proprio domani mattina sarà discussa in aula alla Camera.
Abbiamo avuto la possibilità di ascoltare gli interventi di notevole spessore tecnico-scientifico proposti dal moderatore, dottor Michele Gallo, e dello storico dottor Antonio Marfella ai quali va il mio e il nostro grande ringraziamento per la puntualità e la qualità delle informazioni  che siamo abituati ormai a ricevere ogni qualvolta prendiamo parte ad incontri come quello di oggi.
Un grande grazie va poi agli splendidi ragazzi del meetup di Aversa per l’organizzazione e la gestione dell’evento che si è rivelato l’ennesimo esempio di come sia in realtà molto semplice fare politica nel vero senso che questa parola rappresenta, e cioè andando tra la gente e dialogando con essa, e non annunciando per televisione che bisogna recuperare il contatto con gli elettori.
Grazie agli ospiti e ai relatori che con le loro testimonianze e il racconto delle loro esperienze sul territorio hanno arricchito ulteriormente di contenuti la magnifica serata.
Una serata che per il tema e per le esperienze messe in condivisione ha rappresentato il degno omaggio a un autentico combattente della nostra terra. L’ennesima vittima innocente del terribile avvelenamento del cosiddetto “Triangolo della morte”  che proprio stamattina si è dovuto arrendere ai colpi mortali di ben due tumori.

Ciao Michele

domenica 19 gennaio 2014

Finanziamento ai partiti. Vito Crimi:

Dal facebook di Vito Crimi :



"Nella relazione al decreto porcata di FINTA abolizione dei finanziamenti ai partiti (in realtà aumenteranno) si legge questo:

"...Il decrero legge non persegue unicamente l'obiettivo di contenere i costi dell'attività politica, ma anche quello di contribuire a ricondurre i partiti alla loro ragion d'essere: un veico di articolazione, aggregazione e rappresentanza di interesse e non UN MEZZO, TALVOLTA IRRESPONSABILE, DI OCCUPAZIONE DI SPAZI PUBBLICI E PRIVATI. L'obiettivo di fondo è quello di rinsaldare il rapporto che lega i partiti al corpo elettorale...."

Queste parole non le scrive Beppe Grillo o il Movimento 5 stelle, non le scrive un populista, le scrive il governo ammettendo con chiarezza cosa sono diventati i partiti: MEZZI DI OCCUPAZIONE IRRESPONSABILE DI SPAZI PUBBLICI E PRIVATI 

Senza vergogna... senza pudore! "

martedì 14 gennaio 2014

Whistleblowing: dal M5S la prima proposta di legge italiana @GiuliaSarti86

Whistleblowing: dal M5S la prima proposta di legge italiana
Whistleblowing: dal M5S la prima proposta

Whistleblowing: dal M5S la prima proposta di legge italiana


Non solo proteggere, ma addirittura incentivare chi denuncia i reati a danno dello Stato per abbattere corruzione e stimolare la trasparenza. È questo il nocciolo della prima proposta di legge italiana sulwhistleblowing che sarà presentata domani alle 11:00 nella Sala delle Colonne di Palazzo Marini a Roma.
La proposta (qui il testo), messa a punto dalla collega Francesca Businarolo, è una rarità nel panorama italiano sia per i contenuti che perché nata come iniziativa parlamentare
Domani è un gran giorno, verrà presentata la proposta di legge alla Camera e si discuterà di uno strumento che potrebbe cambiare radicalmente il nostro Paese.
Il nocciolo della proposta, redatta con il sostegno di Transparency International Italia, riprende i punti fondamentali della legislazione dei paesi anglosassoni come il Whistleblower Protection Act statunitense e il Whistleblowers’ Charter alla base del Public Interest Disclosure Act  britannico, integrandoli con il nostro codice Penale. Il problema più rilevante in Italia è che non esiste alcun incentivo e alcuna tutela per chi denuncia un illecito. Gli attuali obblighi di segnalazione di reati esistenti non si rivelano sempre efficaci nell’incentivare segnalazioni di reati e non vengono perseguiti né sanzionati nella prassi. Se non viene denunciato un reato, questo non viene scoperto: di conseguenza non ne è perseguito né l’autore, né a maggior ragione il mancato segnalante.
1) Il whistleblower è quel soggetto che, solitamente nel corso della propria attività lavorativa, scopre e denuncia fatti che causano o sono in grado di causare danno all’ente pubblico o privato in cui lavora o ai soggetti che con questo si relazionano (azionisti, pazienti, consumatori, cittadini).
2) Uno dei maggiori punti di debolezza di chi commette illeciti penali, come la frode fiscale e la corruzione, è che spesso è necessario il coinvolgimento (anche involontario) di più persone. In questo senso, il whistleblowing rappresenta lo strumento meno costoso e più efficace per sfruttare questa debolezza, insita soprattutto negli enti, pubblici e privati, che commettono illeciti.
3) Il whistleblowing non è paragonabile alla delazione perché il whistleblowing permette la tutela di interessi pubblici (non degli interessi di un’ideologia), l’identità di chi denuncia è tendenzialmente conosciuta e le denunce vengono verificate. Il fatto che vengano tutelati interessi pubblici (e non quelli di un’ideologia) è garantito dalla nostra Costituzione che impedirebbe l’utilizzo del whistleblowing per fini contrari ad essa.
4) Non esiste una traduzione del termine whistleblowing perchè la denuncia di un illecito non è diffusa nella nostra cultura. Al momento qualsiasi tentativo di traduzione rischia solo di confondere sul suo reale significato.
5) Oggi chi ha il coraggio di denunciare viene perseguitato, perde soldi e tempo, in alcuni casi perde la propria famiglia, la propria vita. Per questo motivo, ad esempio, l’obbligo di denuncia per i dipendenti pubblici, esclusi quelli il cui compito sia proprio quello di controllare o investigare le condotte illecite, non ha senso.
6) Nel momento in cui la denuncia di un illecito sia idonea a tutelare un interesse pubblico (ipotizziamo il caso di una denuncia relativa alla commercializzazione di farmaci dei quali non vengono resi noti i probabili gravi effetti collaterali), il whistleblowing costituisce un atto moralmente giusto anche se la persona che segnala l’illecito lo fa per l’incentivo economico, per vendetta, per eliminare un concorrente o, più verosimilmente, per non trovarsi complice degli illeciti scoperti.
7) Al legislatore non dovrebbero interessare i motivi alla base della denuncia, ma soltanto che la segnalazione relativa a condotte illecite sia vera e corretta in base ad un ragionevole convincimento. Dovrebbero esserci sanzioni sia in caso di segnalazioni palesemente false che in caso di cause legalipalesemente infondate instaurate dal datore di lavoro.
8) Ricompensare chi denuncia illeciti funziona. Negli Stati Uniti chi denuncia riceve fino al 30% di quanto il governo recupera tramite la sanzione irrogata al condannato o l’accordo intervenuto con il soggetto denunciato. Fondamentale è ovviamente limitare le segnalazioni infondate.
9) Negli Stati Uniti per ottenere la ricompensa la denuncia anonima vera e propria non è ammessa. Al fine di mantenere alto il livello di confidenzialità, il modulo di segnalazione può anche essere completato in forma anonima, ma in questo caso deve essere inoltrato tramite un avvocato, il quale verifica l’identità delwhistleblower richiedendo la consegna, a lui soltanto, anche del modulo firmato. Le denunce anonime vere e proprie sono indagate solo se circostanziate e dettagliate.
10) Negli Stati Uniti nell’ambito economico-finanziario la segnalazione viene ricompensata solo se permette di recuperare tramite sanzione o accordo almeno 1 milione di dollari. Tale limite minimo è funzionale a permettere un’efficiente allocazione delle limitate risorse delle autorità verso le condotte illecite più rilevanti.
11) In tutti i Paesi del mondo i whistleblower hanno inizialmente subito sempre ed esclusivamenteritorsioni e licenziamenti, il motivo è semplice: sono generalmente molto fastidiosi per chi è al potere. Dire che la mancata introduzione del whistleblowing in Italia è dovuta alla mentalità del popolo italiano è una scusa. Con incentivi economici e una tutela adeguata tutto potrebbe cambiare. Una volta istituite precise regole, che ne impediscano gli abusi, il whistleblowing è uno strumento a tutela dei cittadini, pericoloso solo per chi è a capo delle istituzioni, perché gli impone di non abusare del proprio potere.

Ayala Giuseppe responsabile del reato a lui ascritto @GiuliaSarti86

Ayala Giuseppe responsabile del reato a lui ascritto
Giuseppe Ayala condannato

Ayala Giuseppe responsabile del reato a lui ascritto


Ecco il video che ha portato alla condanna:
IN NOME DEL POPOLO ITALIANO
Tribunale Ordinario di MilanoIn composizione monocratica
SEZIONE 2° PENALE
composto dal Sig. Magistrato
DOTT. Lucio Nardi  Giudice
ha pronunciato la seguente
SENTENZA
nella causa penale contro Ayala Giuseppe nato a Caltanissetta il 18/05/1945 elettivamente domiciliato presso lo studio dell’avvocato Madia Titta sito in Roma via dei Colli della Farnesina n.144. Libero contumace
difeso di fiducia dall’avvocato Madia Titta con studio in Roma alla via dei Colli della Farnesina n.144 e dall’avvocato Palazzo Fabio Marzio con studio in Corso Venezia n.61
IMPUTATO
del delitto previsto e punito dall’art.595 commi 10,20 e 3° comma c.p., per avere leso la reputazione di BORSELLINO SALVATORE rendendo una video-intervista a Giulia Sarti del “Movimento 5 Stelle”, in occasione di uno spettacolo teatrale tratto da un libro scritto dallo stesso Giuseppe Ayala, nel corso della quale, riferendosi a Borsellino Salvatore, affermava che trattavasi “palesemente di un caso umano” e che le domande pubblicamente rivoltegli dallo stesso con riferimento alla strage di via D’Ameno, e segnatamente concernenti un incontro al Viminale che Paolo Borsellino avrebbe avuto con l’allora Ministro dell’interno e con riguardo alla c.d, “sparizione della agenda rossa”,supporto cartaceo sul quale Paolo Borsellino annotava gli avvenimenti di maggiore importanza, in particolare dopo la strage di Capaci,erano “farneticazioni di una persona che non stava bene” ovvero che Salvatore Borsellino sarebbe affetto da “problemi di sanità mentale” e che” quelle di Salvatore Borsellino non sono domande…. sono farneticazioni….me ne assumo la responsabilità…..di una persona che non sta probabilmente bene…e non sono il solo che lo dice… ‘aggiungendo poi che ” anche Abele aveva un fratello”, accostando in tal modo la persona di Salvatore Borsellino a quella di “Caino”
In Arese,4 novembre 2010
Parte civile: Borsellino Paolo rapp.to e difeso dall’avvocato Repici Fabio con i studio in Messina in piazza Basicò is.321 n.2
Conclusioni del Pubblico Ministero: assoluzione per non aver commesso il fatto dovendosi applicare l’art. 599 cp.
Conclusioni della parte civile: come da comparsa conclusionale e nota spese.
Conclusioni della difesa: si associa alle conclusioni del PM.
MOTIVI DELLA DECISIONE
Con decreto di citazione diretta del PM in data 21 novembre 2011 Ayala Giuseppe, meglio generalizzato nell’intestazione, veniva citato in giudizio per rispondere del reato di diffamazione aggravata per aver offeso la reputazione di Borsellino Salvatore rendendo una video-intervista a Giulia Sarti del “Movimento 5 Stelle” durante la quale avrebbe pronunciato le frasi meglio specificate nel capo di imputazione. La persona offesa si costituiva parte civile chiedendo il risarcimento dei danni subiti. La difesa dell’imputato, munita di procura speciale, chiedeva procedersi con le forme del rito abbreviato. Veniva ammesso il rito e prodotto il fascicolo del PM. All’esito del giudizio, svoltosi nella contumacia dell’imputato, il Tribunale, sulle conclusioni delle parti, pronunciava sentenza dandone lettura del dispositivo all’udienza del 18 ottobre 2013.
Le circostanze che risultano dagli atti consentono di giungere con certezza ad affermare la penale responsabilità dell’imputato per il reato in questa sede a lui contestato, non residuando alcun dubbio né sulla sussistenza dell’elemento oggettivo del reato, né sulla piena consapevolezza e volontà della condotta, intenzionalmente posta in essere.
Ayala Giuseppe è accusato di aver leso la reputazione di Borsellino Salvatore rendendo una video-intervista a Giulia Sarti del Movimento 5 Stelle nel corso della quale, riferendosi appunto a Borsellino Salvatore, affermava che si trattava “palesemente di un caso umano” e che le domande pubblicamente rivoltegli dallo stesso con riferimento alla strage di via D’Ameno, e segnatamente concernenti un incontro al Viminale che Paolo Borsellino avrebbe avuto con l’allora Ministro dell’Interno e con riguardo alla c.d. sparizione dell’agenda rossa, erano “farneticazioni di una persona che non sta bene” ovvero che Salvatore Borsellino sarebbe affetto da “problemi di sanità mentale” e che “quelle di Salvatore Borsellino non sono domande….sono farneticazioni….me ne assumo la responsabilità….di una persona che non sta probabilmente bene…,e non sono il solo che lo dice’,’ aggiungendo poi che “anche Abete aveva un fratello’:
Il tenore letterale delle frasi usate dall’imputato e le modalità di divulgazione delle stesse risultano provate per via documentale e, in ogni caso, non sono contestate dall’imputato (agli atti è allegato il dvd dell’intervista).
Ora, la vicenda deve inquadrarsi in alcuni antefatti avvenuti qualche mese prima dell’intervista.
Dagli atti risulta, infatti, che nel settembre del 2010 il dottor Ayala aveva mosso dure critiche ad alcuni magistrati palermitani titolari, all’epoca, di un procedimento in fase d’indagine particolarmente delicato: il procedimento per la trattativa Stato-Mafia e, a proposito di quei magistrati, il dottor Giuseppe Ayala aveva affermato che era del tutto ingiustificato che questi ultimi continuassero ad avere la scorta.
Altra questione evidenziata dall’attuale parte offesa su “il Fatto Quotidiano” del settembre 2010, riguardava, poi, la circostanza specifica del prelevamento della borsa di Paolo Borsellino dopo la sua morte e la conseguente scomparsa della sua agenda rossa, in relazione alla quale il dottor Ayala aveva fornito — a dire della parte offesa – diverse versioni tale da indurlo a formulare delle insinuazioni sul comportamento dello stesso Ayala anche con riferimento al verificarsi o meno dell’incontro tra Paolo Borsellino e l’allora ministro Nicola Mancino.
La difesa dell’imputato, richiamando il 2° comma dell’art. 599 c.p., evidenzia la non punibilità dell’imputato in quanto, con le frasi pronunciate nel corso dell’intervista, avrebbe reagito al fatto ingiusto altrui costituito proprio da tali insinuazioni.
Non può condividersi, tuttavia, la tesi della difesa. La norma richiamata, infatti, presuppone che la reazione avvenga nello stato d’ira determinato dal fatto ingiusto altrui e subito dopo di esso.
Come risulta dagli atti, invece, le frasi offensive risultano pronunciate dall’imputato dopo un mese e mezzo circa dalle insinuazioni della parte offesa (27 settembre – 4 novembre 2010).
D’altra parte non può trascurarsi il fatto che, nel caso in esame, da un lato, ci si trova di fronte ad una persona che ha svolto notoriamente il lavoro di magistrato, con decenni di anzianità, parlamentare per molte legislature ed anche sottosegretario alla Giustizia e dall’altro, al fratello del giudice ammazzato dalla mafia nella strage di via D’Amelia del 1992 al quale deve essere riconosciuto, fin in fondo, il suo diritto di capire, di ottenere risposte ai suoi interrogativi, soprattutto laddove possano apparirgli delle lacune o contraddizioni in merito al tragico evento.
Il risentimento che può aver avuto l’imputato, a parte la distanza di tempo dalla provocazione (circa 2 mesi), doveva essere controllato oltre che per la sua particolare posizione, anche per il fatto che le domande gli venivano poste dal fratello di un magistrato assassinato che legittimamente pretende di conoscere la verità.
L’imputato non è, infatti, una persona qualunque e, perciò, deve saper tenere a freno le sue dichiarazioni. Egli, invece, afferma ‘Anche Abele aveva un fratello” e temendo che l’intervistatrice non abbia capito a cosa alludesse, dice “Non so se sono stato chiaro, anche Abele aveva un fratello’: E poi di nuovo “Problemi di sanità mentale’. “Quelle di Salvatore Borsellino non sono domande sono farneticazioni. Me ne assumo la responsabilità”
Non sembra affatto, perciò, che si possa parlare di stato d’ira provocato dal fatto ingiusto altrui: l’imputato è consapevole della valenza offensiva delle frasi pronunciate tanto che dichiara di assumersene la responsabilità.
D’altra parte, agli atti è prodotta una lettera al direttore di `Micromega” che riporta la lettera aperta dell’ingegner Borsellino del 5 ottobre 2010 dalla quale si può dedurre che già il 5 ottobre la vicenda sembrava fosse in qualche modo chiarita. Erano, infatti, intervenuti, in difesa della personalità del dottor Ayala, Alfredo Morvillo e Maria Falcone, notoriamente fratello di Francesca Morvillo e sorella di Giovanni Falcone.
Quanto, poi, alla portata denigratoria delle espressioni usate dall’imputato, non v’è alcun dubbio. Il valore semantico delle singole espressioni utilizzate e il tenore assertivo e definitivo delle stesse convincono pienamente della loro portata diffamatoria ai danni di Borsellino Salvatore.
In definitiva Ayala Giuseppe afferma, in termini convinti e in forma positiva, che Salvatore Borsellino è una persona che ha problemi di sanità mentale e che i suoi interrogativi in merito alle questioni di cui si è detto sono farneticazioni. Infine, non sembra possano esservi altre interpretazioni sulla dichiarazione “anche Abele aveva un fratello” se non quella indiretta che Borsellino Salvatore era Caino, l’assassino del fratello.
Alla luce di tali considerazioni, si ritiene integrato il reato di diffamazione aggravata previsto dall’art. 595 cp di cui l’imputato dovrà rispondere. E’, peraltro, pienamente provata la sussistenza dell’elemento soggettivo del reato. Non v’è, infatti, dubbio che l’Ayala fosse perfettamente consapevole che le espressioni utilizzate e oggi contestate avessero un intrinseco carattere lesivo della reputazione altrui stante l’inequivoco significato letterale delle stesse. Tra l’altro, come è noto, ai fini dell’integrazione del reato in esame, non occorre la sussistenza del dolo specifico, ossia l’animus diffamandi cioè l’intenzione dell’imputato di ledere la reputazione della persona offesa.
Con riferimento al trattamento sanzionatorio, non sussistono elementi positivamente valutabili ai fini della concessione delle circostanze attenuanti generiche, non risultando, a tal fine, sufficiente il mero stato di incensuratezza dell’imputato.
Quanto all’entità della sanzione penale da irrogare, avuto riguardo alla particolare gravità del fatto (desumibile dalla delicatezza della vicenda giudiziaria oggetto dell’articolo in contestazione), e all’intensità del dolo, secondo i criteri direttivi stabiliti dall’art. 133 c.p., il Tribunale ritiene adeguata la pena finale di euro 2.000,00 di multa cui si giunge partendo dalla pena base di euro 3000,00 ridotta di un terzo per effetto della diminuente connessa alla scelta del rito abbreviato.
La condanna comporta l’obbligo del pagamento delle spese processuali.
Letta la costituzione di parte civile di Borsellino Salvatore, considerata la particolare gravità del fatto lesivo della reputazione e della dignità dello stesso (vedi supra) e ritenuta provata, per i motivi già detti, la sussistenza di un danno di natura morale eziologicamente riconducibile al fatto-reato imputabile all’Ayala,
il Tribunale ritiene doversi condannare, in via equitativa, l’imputato al pagamento della somma di € 15.000,00 in favore della costituita parte civile.
L’imputato medesimo deve altresì essere condannato alla refusione delle spese di costituzione e difesa in giudizio sostenute dalla persona offesa che si liquidano in complessivi euro 1.800,00 oltre accessori di legge.
Il contemporaneo impegno dell’estensore nella redazione di altri provvedimenti impone la fissazione di un termine di 90 giorni per la motivazione.
P.Q.M.
Letti gli artt. 533-535 e 442 Cpp
dichiara
Ayala Giuseppe responsabile del reato a lui ascritto e, per l’effetto, lo
condanna
alla pena di euro 2.000,00 di multa oltre al pagamento delle spese processuali. Letti gli artt. 538 e segg. cpp
condanna
l’imputato al risarcimento di tutti i danni patiti dalla costituita parte civile che si liquidano, anche in via equitativa, nella complessiva somma di euro 15.000,00 oltre alla rifusione delle spese di costituzione e difesa che si liquidano nella complessiva somma di euro 1.800,00 oltre accessori di legge.
Letto l’art. 544 cpp fissa in giorni 70 il termine per la motivazione.
Milano, 18 ottobre 2013
Il Giudice
dott. Lucio Nardi