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domenica 10 agosto 2014

Faticoso, ma siamo stati più forti Nessun inciucio con Forza Italia


«Faticoso, ma siamo stati più forti Nessun inciucio con Forza Italia»
Boschi: aperti al confronto, l’impianto però non si tocca. Gli 80 euro funzionano....


   
    
   

Dall'intervista oggi pubblicata dal "Corriere della Sera" al Ministro Boschi:
"Vuol dire che ha vinto lei? Ha vinto il governo Renzi?
«Non è una vittoria mia o di quei ragazzacci del governo. Questa importante riforma è frutto di un lavoro che ha coinvolto tutti, senatori, relatori, esperti e ricercatori. I tecnici del mio ministero sono stati straordinariamente bravi e se la politica ha dimostrato di saper riformare se stessa è un successo dei senatori, prima di tutto. Si sono mostrati più interessati al futuro delle istituzioni che alla loro ambizione personale»".
Propongo alcune riflessioni sulle parole del Ministro:
1) respingere subito, con fermezza ma anche con garbo, la parola "vittoria" per come proposto dall'intervistatrice, manifesta l'intenzione di presentarsi come non divisivi: se c'è una vittoria, la stessa per altri è una sconfitta, e questo segna un solco, una divisione. Perciò, se si deve dar l'idea di esser generosi, magnanimi, insomma non meschini, non livorosi nei confronti di chi è stato sconfitto, si deve subito puntualizzare che non c'è alcun morto sul campo, alcun mutilato invalido a vita costretto ad elemosinare per la restante parte della sua esistenza: son gli altri, quelli che non hanno capito, che usano la dialettica dicotomica ed antitetica vittoria/sconfitta, noi/loro, mentre le forze sane del cambiamento non hanno la necessità di enfatizzare lo scontro, bensì debbono solo chiarire la natura mistificatoria dello stesso: loro sono le forze del "cambiamento" che la storia impone, e che solo dei reazionari inconsapevoli osteggiano.
Oltretutto, presentare con apparente autoironia i membri del Governo come "ragazzacci" paga in termini di simpatia giovanilistica, e perciò renziana: chi si definisce, con autoironia, un ragazzaccio, non sarà capace certamente di dissimulare intenzioni non sane, e perciò si mostrerà con caratteri rassicuranti, sorridenti, irenici mi verrebbe da dire....Silvio insegna, ma l'allievo supera il maestro!
Solo che, come insegnano gli studiosi della comunicazione, cominciare con una negazione del concetto esplicitato dall'intervistatore, produce l'effetto contrario nell'inconscio del lettore o dell'ascoltatore, per cui, inopinatamente per le intenzioni del Ministro, la negazione iniziale vale affermazione netta: è una vittoria;
2) sostenere che "la riforma è il frutto di un lavoro che ha coinvolto tutti", senatori, relatori (due persone, la Finocchiaro e Calderoli: ci mancava pure che non fossero coinvolti i relatori!), esperti e ricercatori, significa confondere le carte, forse volutamente: nel paese non si è sviluppato affatto un dibattito attento e partecipato sull'impianto della riforma, o sull'articolato del ddl Boschi, tant'è che diversi sondaggi condotti in queste ultime settimane hanno evidenziato la disconoscenza dei contenuti della riforma stessa da parte della maggior parte dei soggetti intervistati.
Aggiungere poi che i "tecnici" del ministero sono stati "straordinariamente bravi", concorre all'idea che comunque un giusto risalto alla tecnocrazia lo si debba fornire, perchè questo è il mondo dei tecnocrati cui si deve affidare il compimento delle "magnifiche sorti e progressive", come se i politici fossero belle statuine, e perciò una sviolinata verso gli estimatori del pensiero unico che ci portato al Governo dei tecnici della Bocconi non poteva mancare;
3) infine -ed è il top della retorica perversa e ben costruita dal Ministro- si asserisce che i senatori, avendo votato -e non si risponde mai ai quesiti posti dall'intervistatrice in merito al mancato raggiungimento della maggioranza dei due terzi, allo scarto di voti fra maggioranza ufficiale e maggioranza reale, all'ipocrisia della differenza di numeri fra voto palese e voto segreto- a favore di questa riforma, abbiano mostrato la qualità sublime dei veri uomini politici: il disinteresse per il proprio tornaconto individuale ed il sacrificio a favore delle istituzioni.
Ora, premesso che sulla retorica del valore sacro delle istituzioni ci sarebbe tanto da ragionare -è la mistica hegeliana dello Stato che proprio non sopporto-, emergerebbe, adesso si, la dicotomia-antitesi fra chi ha votato a favore (loro sì veri politici, generosi, puri) e chi ha votato contro (gretti, gufi, incappucciati, impegnati in una battaglia di bassa lega: il posto in senato). Per cui l'assunto iniziale -non è una vittoria, perchè abbiamo vinto tutti- si rovescia completamente, con bella pace degli sconfitti, che son diventati dei semplici attaccati alla poltrona. Poveri!
Ditemi se non è vero!